martedì 21 giugno 2011

Conciati per le feste

La Commissione ministeriale che esamina le richieste sull’impiego dei fitofarmaci in Agricoltura si riunisce in settimana per valutare, tra le altre richieste, la riammissione dei neonicotinoidi per la concia dei semi.
Il divieto stabilito nel 2009 era scaturito dall’improvvisa moria di api nel periodo della semina del mais e dal ritrovamento di tracce di neonicotinoidi nei campioni di api morte esaminate nel laboratori del CRA di Bologna e nel laboratori della sezione di Asti dell’IZS del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
La sostanza conciante è attiva contro alcuni virus e parassiti del mais (e non solo) ed il suo impiego negli anni non aveva mai destato preoccupazioni per l’apicoltura ma la concomitanza di alcuni fattori ambientali, di carenze nel processo di concia e di difetti delle macchine seminatrici ha messo in evidenza la sottovalutazione del rischio “in campo” da parte delle industrie farmaceutiche che producono il principio attivo.
Il Ministero delle politiche Agricole ha finanziato un progetto nazionale denominato APENET per approfondire gli aspetti tecnico-scientifici del problema ma i risultati del lavoro svolto sembrano essere ancora incompleti e contrastanti con quelli messi a disposizione da Nomisma su incarico delle industrie farmaceutiche e con il contributo scientifico di qualificati esperti del settore.
La sintesi del lavoro sull'impatto economico della concia sul sistema maidicolo nazionale e regionale coordinato da Nomisma è disponibile al link http://saikemangi.jimdo.com/area-download/documentazione/rischio-chimico/
Nello studio viene tracciato il quadro tecnico e si propongono valutazioni relative all'impatto della concia sugli aspetti produttivi e qualitativi, tenendo conto dei dati scientifici pubblicati e delle ricerche svolte dal MIPAAF e da alcune Regioni italiane nell'ultimo quinquennio.
Nel documento di Nomisma si affrontano diversi scenari, a seconda della presenza di fitofagi e virosi, ricostruendo la presenza di queste entità e l'areale di diffusione attuale e futuro (la diabrotica si sta espandendo in Italia) e considerando le possibili strategie di difesa.
Non si affrontano invece gli aspetti relativi all'impatto della concia delle sementi sui pronubi, tema che è invece stato trattato in modo approfondito nel progetto/ricerca APENET finanziato dal Ministero delle politiche agricole. Tra i due studi, entrambi di buon livello scientifico, non c'è tuttavia sintonia riguardo all'impatto della concia sulla maiscoltura.
La differenza di vedute va messa in relazione all'idea diffusa che la concia sia sostanzialmente inutile in una netta prevalenza di casi. E’ una tesi messa in circolazione da Furlan et al. a seguito di studi condotti prevalentemente nel basso veneto dal 2002 al 2007 in areali con bassa o nulla pressione di elateridi (terreni di bonifica!), bassa pressione di virosi, senza diabrotica ed escludendo la concia con clothianidin (poncho) che è la più efficiace.
Secondo gli esperti del gruppo che ha lavorato per Nomisma i dati così ottenuti forniscono differenze produttive molto inferiori da quelle assai rilevanti ottenute in Lombardia da Agosti, da Reyneri in Piemonte e da Ferrari e Verderio (l'anno scorso) in oltre 60 località italiane.
Alla luce di questi dati sembrerebbe utile adottare un provvedimento che tenga conto delle seguenti considerazioni tecniche:
1) l’esclusione “sine die” della concia porterebbe ad una significativa riduzione della competitività del mais nostrano e sarebbe tecnicamente poco giustificabile, soprattutto laddove si registra una forte e diffusa presenza di diabrotica;
2)  la reintroduzione dovrebbe essere concessa, tuttavia, soltanto a queste condizioni:
a.      seminatrici con flusso nel solco
b.      adesivanti di provata efficacia
c.      impiego confinato in areali a rischio;
3) l'impatto della reintroduzione dei concianti sui pronubi deve essere rigorosamente valutata su "scala territoriale" e non su “parcelle” come fatto fino ad ora. In questo senso occorre impostare la reintroduzione seguendo l'approccio adottato dalla Francia, ovvero:
a.  nel 2012: areali maidicoli di 2-4000 ha in Piemonte, Lombardia e Veneto-FVG con monitoraggio delle popolazioni di pronubi e di allevamenti di api anche
appositamente collocati.
b.  Nel 2013 ripetere quanto effettuato nell'anno precedente, se con risultati positivi, ampliando l'areale.

Ogni altro approccio di apertura o chiusura potrebbe risultare pretestuoso ed attaccabile.
Il “buon senso” dovrebbe stimolare la ricerca di una risposta alle seguenti domande:

1)   Perché si dovrebbe utilizzare seme conciato anche dove non è necessario?  
2)   Il seme conciato con neonicotinoidi è un’esigenza di tutti gli agricoltori o semplicemente un interesse dell’industria che produce il principio attivo e dell’industria che concia e commercializza le sementi?
3)  Perché in presenza di infestazioni massive si dovrebbe ricorrere a trattamenti in campo con fitofarmaci più impattanti quando l’uso controllato e dichiarato di semi conciati potrebbe essere una risposta sufficiente e migliore?
4)  L’allevamento delle api in aree maidicole trae maggiori vantaggi da un uso controllato di sementi conciate o da trattamenti in campo successivi alla semina?
5)  La rotazione delle colture è un ottimo rimedio contro la diabrotica del mais. Perché non si studiano incentivi (o deterrenti) per favorire questa pratica agricola di sicura efficacia?

I diversi settori del “sistema agricoltura” devono ritrovare il dialogo e cercare una soluzione comune, non cadere nelle trappole dell’industria farmaceutica e dell’industria sementiera che sono riuscite a scaricare le loro responsabilità e i loro errori sugli agricoltori mettendo contro chi coltiva il mais e chi alleva api.  

Gianfranco Corgiat Loia


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