lunedì 18 luglio 2011

Finanziamento PAC: meno soldi all'agricoltura italiana.

Qualche giorno fa ho pubblicato su questo blog un post sulla proposta di bilancio presentata a Bruxelles dalla Commissione il 26 giugno. Molti Paesi europei hanno accolto con soddisfazione la notizia ed hanno sottolineato, in un’ottica europea, i numerosi aspetti positivi ma il il mondo agricolo italiano sembra essere di opinione diversa e le reazioni non si sono fatte attendere.
Perché le rappresentanze degli agricoltori italiani lanciano segnali di allarme rosso?
Per capirne di più bisogna purtroppo scendere in particolari e utilizzare un linguaggio non sempre comune ma l’argomento merita uno sforzo perché le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea saranno particolarmente preziose se si considerano i pesanti tagli previsti dalla manovra economica del Governo accompagnati dalla sensibile riduzione degli stanziamenti di bilancio delle Regioni.
Come già scritto nel precedente post la proposta della Commissione riconferma anche per il prossimo periodo di programmazione finanziaria una struttura della PAC (Politica Agricola Comunitaria) articolata nei due tradizionali “Pilastri” :
1.      Aiuti diretti e misure sui mercati agricoli
2.      Sviluppo rurale
La proposta finanziaria prevede uno stanziamento di 281,8 MLD di Euro per il primo pilastro e di 89,9 MLD di Euro per lo Sviluppo Rurale, per un totale complessivo di 371,7 miliardi di Euro che rappresentano il 36,2% della proposta di bilancio complessiva (l’attuale finanziamento della PAC rappresenta invece il 39,4% del bilancio totale).
Sembra di poter dire, quindi, che c’è una apparente contraddizione: da una parte i proclami pubblici sull’importanza strategica del settore agroalimentare e dall’altra una riduzione percentuale del suo peso nel bilancio europeo.
E opportuno tuttavia ricordare che la Commissione ha previsto margini di manovra supplementari, corrispondenti alla somma di 15,2 MLD di Euro di cui:
  • 4,5 MLD per la ricerca e l’Innovazione nella sicurezza alimentare, bioeconomia e agricoltura sostenibile;
  • 2,2 MLD per la sicurezza alimentare
  • 2,5 MLD per gli Indigenti
  • 3,5 MLD per le crisi nel settore agricolo
  • 2,5 MLD per un fondo finalizzato all’aggiustamento del processo mondializzazione (volatilità prezzi + riserva liquidità)).
Complessivamente si verrebbero quindi ad avere, per l’agricoltura europea, 386,9 miliardi di euro da distribuire nei sette anni (20014/2020) a fronte dei 418 miliardi messi a disposizione per il periodo in corso (2007/2013).
La perdita non è, quindi, soltanto in percentuale ma anche in valore assoluto: 31,1 miliardi di euro in meno.
Il taglio riguarda prevalentemente il primo pilastro (40,2 miliardi di euro in meno) mentre la perdita di finanziamento dello sviluppo rurale (6,1 miliardi in meno) verrebbe compensata abbondantemente dai 15,2 miliardi di aiuto supplementare a cui si è già accennato.
Fin qui le cose sembrano essere chiare. Manca qualcosa nel piatto ma, visti i tempi di crisi, c’è da essere abbastanza soddisfatti della tenuta.
I problemi partono da qui: come sarà distribuita questa risorsa tra i Paesi aderenti all’Unione? L’argomento è di particolare rilevanza per la distribuzione degli aiuti diretti (cosiddetto “Primo pilastro”).
Fino ad oggi il riparto avveniva sulla base della “spesa storica” ma la Commissione propone un criterio nuovo e diverso per porre fine alle notevoli differenze tra i diversi Stati membri sull’ammontare del sostegno comunitario per ettaro .
A titolo di esempio, con l’attuale sistema la Lettonia potrebbe fruire, nel 2013, di una quota per ettaro pari a 94,7 euro mentre un agricoltore olandese potrebbe ricevere 457,5 euro per ettaro.
La media comunitaria attuale è di 269,1 euro/Ha ma in l’Italia la media si aggira intorno ai 404 euro/Ha. L’applicazione di criteri ritenuti più equi a livello comunitario, se non ci saranno adeguate compensazioni, comporterà quindi una perdita di risorse importanti per l’agricoltura del nostro Paese.
Per rendere meno brusco l’adeguamento del sistema ai nuovi criteri, senza rinunciare alla perequazione degli importi per ettaro, la Commissione ha proposto un sistema di “convergenza” che prevede che tutti gli Stati Membri i cui pagamenti per ettaro si attestano sotto il 90% della media europea potrebbero recuperare 1/3 della differenza data dal valore del pagamento percepito per ettaro ed il 90% della media europea.
Naturalmente le risorse necessarie per attuare tale compensazione dovrebbero essere acquisite a carico degli Stati membri (tra cui l’Italia) che percepiscono pagamenti per ettaro superiori alla media UE. La discussione sarà quindi sul metodo che il Parlamento UE dovrà adottare per stabilire l’ammontare delle riduzioni da applicare agli Stati Membri che si collocano sopra la media UE.
La discussione sull’utilizzo dei finanziamenti del primo pilastro sarà particolarmente accesa anche per la proposta di subordinazione del 30% dei pagamenti diretti allo svolgimento di attività ecologiche quali la lotta al cambiamento climatico e la preservazione delle risorse naturali ed ambientali. Poiché queste specifiche azioni ambientali aggiuntive e vincolanti saranno definite legislativamente, il nuovo vincolo sui pagamenti diretti si configura fin d’ora come un inasprimento della “condizionalità”.  Anziché premiare lo sviluppo e la diffusione di buone pratiche agricole la Commissione sembra più orientata ad innalzare la “base line” e a sanzionare le violazioni.
Quindi, in sintesi, per il primo pilastro l’Italia avrà meno finanziamenti e più vincoli.
Per quanto riguarda lo Sviluppo rurale, come si è già detto, la riduzione complessiva dello stanziamento europeo è di 6,1 MLD di Euro. (inferiore a quella del primo pilastro) e resterà fortemente orientata a fornire specifici beni pubblici ambientali, migliorare la competitività dei settori agricolo e forestale e promuovere la diversificazione delle attività economiche della vita nelle zone rurali.
Per rendere più semplice l’accesso ai finanziamenti e più fluida la spesa la Commissione ha previsto (soltanto a parole o anche nei fatti?) una maggiore flessibilità nella definizione delle misure per far fronte alle necessità di intervento statali e regionali.
E’ auspicabile che, visto il quadro generale, lo Stato e le Regioni, pur con il coinvolgimento del cosiddetto partenariato, non ripropongano programmi zeppi di misure e di azioni che, come sta accadendo con gli attuali programmi, complicano la vita agli agricoltori, rallentano la spesa e rendono molto difficile la “governance”.
Il nuovo strumento finanziario dovrà avere ben presente la differenza tra “bisogni” e “desideri”:
le misure e le azioni rivolte a soddisfare i bisogni dovrebbero essere attivate nel primo anno di programmazione ed i benefici economici dovrebbero essere erogati con rapidità.
I desideri sono importanti, sono il sale della vita, ma quando restano tali e bloccano finanziamenti che potrebbero essere molto utili per uscire dalle ricorrenti crisi dell’agricoltura bisogna dare priorità ai bisogni. La maglia di lana è da preferire perché ci difendere meglio dal freddo ma se non è griffata …. pazienza!
In Piemonte, a distanza di cinque anni dall’approvazione del PSR 2007/2013, le misure dell’asse tre e dell’asse quattro, hanno speso appena il 10% delle risorse disponibili! O si migliora la capacità e le performances di spesa o questi “assi” sono destinati a scomparire.  
Gli agricoltori italiani hanno molte altre preoccupazioni ma una, in particolare, merita ancora un accenno.
Il PSR 2007/2013 (escluso health check) è stato finanziato dal FEASR con  8 miliardi e 292 milioni di euro a cui si aggiungono 8 miliardi e 395 milioni di euro di co-finanziamento provenienti dal bilancio dello Stato e delle singole Regioni.
In Piemonte (sempre esclusi i finanziamenti aggiuntivi dell’health check) il PSR è finanziato con 403 milioni di euro del FEASR a cui si aggiungono 513 milioni di euro di co-finanziamento statale e regionale per un totale di 916 milioni di euro di spesa pubblica.
La regione Piemonte ha inoltre deciso di incrementare la spesa pubblica con ulteriori 132 milioni di euro provenienti dal proprio bilancio.
Per essere realisti, i bilanci in rosso dello Stato e delle Regioni comporteranno quasi certamente una riduzione della percentuale di co-finanziamento e non ci saranno ulteriori risorse aggiuntive.
Oltre alla riduzione di finanziamenti comunitari si avrà quindi, con forte probabilità, una riduzione della percentuale di co-finanziamento nazionale e regionale.
Oggi, 440 euro provenienti da Bruxelles mettono a disposizione degli agricoltori 1000 euro; dal 2014 gli stessi 440 euro dell’Unione Europea potrebbero mettere a disposizione degli agricoltori italiani 700 o 800 euro.
Fra tre anni un ettaro di riso della pianura padana potrebbe avere un aiuto diretto quasi dimezzato ed una riduzione del 20-30% degli aiuti previsti dallo Sviluppo Rurale.
Ecco perché il messaggio rassicurante di Bruxelles è invece “allarme rosso” per gli agricoltori italiani. La battaglia in Parlamento si preannuncia dura e difficile.

Gianfranco Corgiat Loia

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