mercoledì 20 luglio 2011

Non si guarisce solo col tempo.


E’ proprio vero che il tempo è una medicina straordinaria. I suoi effetti sono tanto più curativi quanto più ci si allontana dal punto della sofferenza. Basta che si smorzi un po’ la luce dei riflettori internazionali ed anche le tragedie come quella di Fukushima sembrano “guarire”.
Ma la situazione in Giappone è tutt'altro che sotto controllo. 
In questi giorni è trapelata la notizia che alcuni capi di bestiame provenienti da Minamisoma, una zona a circa 20 chilometri dai confini dell'area di interdizione attorno alla centrale di Fukushima, sono risultati contenere cesio radioattivo in concentrazioni fino a sei volte superiori a quelle consentite, e cioè comprese tra i 1.530 e i 3.200 becquerel per chilo, contro i 500 considerati limite massimo per non avere conseguenze sulla salute umana.
Secondo Euronews la carne radioattiva è stata venduta e consumata a Tokio ed in alcune province Giapponesi nel periodo tra aprile e giugno. Oggi si parla di carne ma nelle scorse settimane si è parlato di  verdure, tè, latte, frutti di mare ed acqua, prodotti consumati con continuità.
Inutile dire che non è mancato il messaggio rassicurante del Governo giapponese che  ha sottolineato la regolarità dei controlli ed il Ministero dell’Agricoltura avrebbe incredibilmente asserito che “il consumo sporadico di carne così leggermente radioattiva non comporta rischi per la salute”. 
Sembra che i giapponesi abbiano qualche dubbio legittimo sull’autorevolezza del portavoce e sui concetti di “sporadicamente” e “leggermente radioattiva”.
Ieri su “Mondo” Serena Lena ha scritto di 650 bovini allevati a Miniasoma hanno consumato foraggi altamente contaminati da Cesio e parte di questi bovini sarebbero stati macellati, venduti e probabilmente già consumati.
Sembra che gli allevatori abbiano riferito agli ispettori della prefettura di Fukushima di non aver utilizzato alcun mangime contaminato per nutrire i capi, ma test successivi hanno permesso di rilevare la presenza nei mangimi di cesio in concentrazioni fino a 56 volte superiori ai limiti consentiti. 
La positività delle carni non sarebbe pertanto da attribuire soltanto al consumo di foraggi contaminati dal “fall out” di particelle radioattive sui prati o sui pascoli ma anche dalla presenza e circolazione sul mercato di mangimi contaminati.
l situazione, ancora una volta, è probabilmente peggiore del previsto e non è la prima volta che il governo giapponese, su questa triste vicenda, mostra la sua incapacità di prevedere i problemi: si interviene soltanto sui fatti compiuti.
Nelle settimane scorse è apparsa una notizia preoccupante ma, visto il contesto, purtroppo scontata: a 40 Km dalla centrale nucleare di Fukushima la gente fa pipì radioattiva.
Un esame a campione fra persone dai 4 ai 77 anni ha mostrato più di 3 mSv (millisieverts) di radiazioni nelle urine di 15 abitanti residenti tra il villaggio di Fukushima e la città di Kawamata.
Il Cesio radioattivo è stato trovato in tutti i residenti controllati. Lo Iodio radioattivo è stato registrato oltre i 3,2 millisievert su sei persone nella prima indagine ma le positività non sono state confermate nella seconda indagine.
I dati indicano una esposizione continua tra i 4,9 e i 13,5 millisievert.
Il Sievert è una misura degli effetti e del danno provocato dalla radiazione su un organismo. In Italia la dose media assorbita in un anno per esposizione alla sola radioattività naturale viene calcolata in circa 3 millisievert. Una radiografia al torace comporta per il paziente una dose di circa 0,02 mSv, mentre una radiografia ordinaria all'addome o una mammografia comportano dosi tra 0,4-0,7 mSv.
Pratiche diagnostiche più complesse come la TAC, la PET o la scintigrafia rilasciano dosi tra i 10 ed i 20 millisievert.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, si legge in bibliografia che una dose di 1 sievert può causare lievi alterazioni temporanee dell'emoglobina e che 2 - 5 sievert causano nausea, perdita dei capelli, emorragie. Dosi di 4 sievert possono portare alla morte nel 50% dei casi e che oltre i 6 sievert, la sopravvivenza è molto improbabile.
Per la salute è cruciale, quindi, ridurre quanto più possibile l’accumulo causato da prolungate esposizioni al contaminante radioattivo: la sopravvivenza di molti giapponesi dipende anche dal consumo di alimenti non contaminati.
Chris Busby, segretario scientifico dell’Eccr (il comitato europeo sul rischio radioattivo) ha stimato che la radioattività rilasciata dalla centrale di Fukushima potrebbe causare addirittura 420.000 casi di cancro nei prossimi 50 anni. Metà di questi casi di tumore si potrebbero manifestare nei prossimi 10 anni in un raggio di 200 km dalla centrale giapponese.
Ecco perché in quest’area la qualità dell’alimentazione e del consumo di acqua non contaminata possono fare la differenza. 
E’ l’unica speranza dei Giapponesi ed il Governo sembra non rendersene conto.
Gianfranco Corgiat Loia

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