lunedì 25 febbraio 2013

Prevenzione nella crisi e crisi della prevenzione.

Quasi sempre, per affrontare le crisi economiche, i Governi intervengono con misure che riducono le risorse destinate alla cultura, alla ricerca, allo sport ed alla prevenzione. Poi a ruota viene il resto.
Verrebbe da pensare che si tratti di “generi voluttuari” di scarsa utilità e, quindi, sacrificabili a favore di beni che, invece, non sembrano eliminabili o comprimibili come il cibo, il reddito minimo, la cura delle malattie.
Credo che il declino di una civiltà cominci più o meno così.
D’altra parte, chi non ha cultura non può capire che gli investimenti in ricerca favoriscono lo sviluppo e la competitività, così come non capisce che le politiche di prevenzione servono a ridurre i costi delle cure e a ridurre o eliminare le emergenze.
Ma che cos’è la prevenzione? Perché si dovrebbe spendere oggi per qualcosa che potrebbe accadere nel tempo e non se ne ha certezza?
I confini della prevenzione sono molto ampi e la domanda di prevenzione è teoricamente illimitata. In sanità ci sono due macroaree che, nel nostro Paese, sono sempre state demarcate: la prevenzione veterinaria e la prevenzione sanitaria.
In entrambe le aree si svolgono attività di tipo ispettivo/certificativi ed attività di studio/ricerca epidemiologica. 
L’area veterinaria svolge prevalentemente interventi programmati di prevenzione e contrasto alle malattie infettive e diffusive degli animali ed attività di vigilanza, ispezione e certificazione delle produzioni alimentari.
L’area medica, oltre agli interventi di ispezione negli ambienti di vita e di lavoro, molto spesso collegati ad inchieste penali, attua le azioni previste dal Piano Regionale della Prevenzione che, includono gli “stili di vita” e le “sorveglianze sanitarie”.
L’approccio metodologico ed operativo è molto diverso e tra gli operatori che intervengono “sul campo” e gli epidemiologi non corre sempre buon sangue, così come accade tra operai e filosofi. La sicurezza alimentare è il principale punto di intersezione tra l'area medica e l'area veterinaria.
In tempo di crisi le attività di prevenzione rivolte a certificare garanzie nazionali ed internazionali sulla qualità dei prodotti/processi non subiscono sostanziali riduzioni o cambiamenti poiché anche da esse dipende la possibilità di commercio dei prodotti e la competitività delle imprese.
La crisi stimola l’allargamento dei mercati e per poter esportare i loro prodotti in altri Paesi del mondo le aziende devono essere sottoposte a controllo sanitario per certificare le loro merci .
La sicurezza alimentare è una necessità non soltanto per i consumatori ma anche per le imprese.
Le attività di prevenzione rivolte a studiare i cambiamenti sociali ed i nuovi fattori di rischio per proporre agli amministratori pubblici le migliori strategie di politica sanitaria sono invece in maggiore difficoltà perché la politica è spesso “sorda” e perché i tagli non hanno un impatto a breve termine sulle imprese e sullo sviluppo.
Così facendo è molto probabile che cresca la spesa in cure e che gli strumenti assicurativi trovino terreno fertile per attecchire a carico della pubblica amministrazione e dei cittadini.    
Le due anime della prevenzione non potranno essere ancora a lungo separate ed è nell’aria un cambiamento che sotto lo stimolo della crisi porterà ad un nuovo modello nazionale della prevenzione sanitaria. Sono possibili più scenari ma proviamo ad immaginarne due molto diversi tre loro:
  1. i due dipartimenti del ministero della salute che si occupano di prevenzione si fondono e l’area della sicurezza alimentare, con un peso rilevante, diventa parte del piano nazionale della prevenzione. Questa soluzione potrebbe favorire l’integrazione tra strutture mediche e veterinarie che, a vario titolo, si occupano di sicurezza alimentare. La riduzione complessiva delle risorse pubbliche in campo, vista la prevalenza e la priorità delle attività di prevenzione rivolte a sostenere lo sviluppo economico e la competitività delle imprese alimentari, comporterà una diminuzione delle risorse destinate agli “stili di vita”, alle sorveglianze sanitarie ed alle indagini multiscopo.
  1. sotto la spinta delle organizzazioni agricole e delle associazioni dei produttori nasce un nuovo ministero per l’alimentazione che assorbe le politiche di tutela e valorizzazione della qualità alimentare del ministero delle politiche agricole e le funzioni relative alla sicurezza alimentare del Ministero della salute. In questo caso il piano nazionale della prevenzione potrebbe inglobare il piano vaccini e la prevenzione delle malattie infettive mantenendo l’area degli stili di vita, delle sorveglianze sanitarie e dell’epidemiologia umana.
Forse bisognerebbe parlare di crisi dell’organizzazione sanitaria e non solo della prevenzione. E’ evidente, infatti, come la scelta di un modello nazionale avrebbe ricadute diverse anche sui modelli territoriali (Regioni ed ASL).
Al di là del fin troppo ovvio richiamo verbale alla “centralità della prevenzione” è necessario riflettere su alcuni interrogativi che, seppure in modo disordinato ed inefficace, affiorano qua e là nel nostro Paese per poi essere subito smentiti o rettificati. Ma intanto affiorano:
  • le Regioni sono deboli e poco coese. La crisi economica ha accentuato le differenze e ridotti i margini di autonomia. E’ in atto un ri-accentramento di funzioni a livello nazionale.
  • Nelle  ASL si sono “stratificate” organizzazioni vecchie e furbizie nuove. Dipartimenti, Direzioni integrate, Multizonali, Servizi sovra-aziendali, Federazioni, gruppi di progetto, aree dipartimentali ecc.. ognuna con livelli di complessità diverse, molte come “unità autonome”, tutte con ambizioni di carriera.    
  • La segmentazione delle funzioni ha favorito la moltiplicazione delle carriere e l’aumento di barriere tra strutture. Si lavora per strutture e non per obiettivi sanitari. Le fusioni sono un problema, l’integrazione è spesso una illusione.
  • Lo Stato usa i corpi di polizia per gli interventi di controllo e la rete degli IZS per le attività di analisi dei campioni e di valutazione dei rischi. Nei convegni nazionali il modello di servizio sanitario nazionale sembra essere questo.
  • Se si trova un modello alternativo per l’ispezione nei macelli si può ulteriormente ridurre il numero di veterinari. Le attività di controllo ufficiale possono essere prevalentemente svolte dai tecnici della prevenzione
Certo è che in questi ultimi vent’anni la sanità pubblica veterinaria italiana ha perso grandi occasioni per dimostrare la qualità dei suoi interventi a fronte di una spesa sanitaria tutt’altro che trascurabile.
Nel secolo scorso i veterinari pubblici curavano “i cavalli del re” e i muli dell’esercito, assicuravano, attraverso l’ispezione delle carni, l’approvvigionamento di proteine animali nobili alle fasce meno abbienti e tutelavano la salute dei consumatori (così almeno veniva percepita la loro azione).
Come viene percepita la sanità pubblica veterinaria oggi? I consumatori si fidano dei magistrati e del NAS e i produttori tollerano i controlli sanitari fatti dalle ASL perché hanno bisogno dei bolli e dei certificati.
Se è vero che il “made in Italy” è apprezzato in tutto il mondo, anche dove i consumatori hanno adottano severe forme di autotutela, bisogna lavorare perché le imprese italiane possano produrre bene per il nostro Paese e per il resto del mondo mettendo da parte qualche adempimento formale di troppo e promuovendo cultura per far sì che la sicurezza di un alimento sia un “ingrediente obbligatorio” dell’alimento: il primo nella lista.
Dobbiamo essere più responsabili e avere il coraggio e la capacità di confrontarsi  con i consumatori: tracciabilità e informazione non sono gli unici ingredienti per recuperare la loro fiducia.
Dobbiamo ricordarci e ricordare ai produttori ed ai consumatori che fare sicurezza alimentare in un Paese che vuole mantenere il suo patrimonio e la sua cultura enogastronomica è molto più difficile che in altri Paesi e per avere successo occorre rafforzare, non indebolire, la sanità pubblica veterinaria ed i controlli per la sicurezza alimentare.
Gianfranco Corgiat Loia