martedì 31 maggio 2011

Batterio killer su cetrioli nel nord della Germania.

Sale la preoccupazione in Germania per l’emergenza determinata dal consumo di cetrioli contaminati da un batterio che può causare gravi coliti emorragiche, danni al sangue ed ai reni.
Nel nord del Paese sono stati registrati, ad oggi, 14 decessi e oltre 300 pazienti ricoverati con sintomi gravi. È la peggiore contaminazione ad opera di questo batterio mai registrata in Germania, e una delle più importanti a livello mondiale. Ed è probabile che il peggio non sia ancora passato.
Lasciando ad altri il compito di alimentare polemiche o sciogliere dubbi su cause e responsabilità dei fatti che stanno accadendo è forse più opportuno esaminare da vicino il problema, valutarne le implicazioni sul sistema agroalimentare e stimolare qualche riflessione per migliorare in futuro.
Dalle notizie ufficiali risulta che il germe responsabile dei fatti che stanno turbando la Germania appartenga ad uno dei ceppi di Escherichia coli enteroemorragico che comprendono il noto sierogruppo  0157:H7 responsabile della maggior parte dei 73.000 casi di infezione e dei circa 60 decessi che ogni anno vengono registrati dal CDC (Center for Disease Control ) negli USA.
Sono sufficienti poche decine di bacilli per causare la malattia e i principali veicoli alimentari sono la carne bovina non ben cotta, il latte non pastorizzato, le verdure crude (irrigazione con acqua contaminata).

La prima grande epidemia da E. coli O157:H7 risale al 1982 e la causa è stata attribuita al consumo di hamburger contaminati. Da allora si sono susseguite molte altre epidemie, soprattutto in USA, Canada, Australia e Giappone.

1985
Canada. 73 casi con 19 decessi, attribuiti al consumo di sandwiches.
1996
Regno Unito, 381 casi con 14 decessi; l’epidemia fu attribuita a consumo di carne, latte e vegetali.
1996
Giappone, 9000 casi, attribuiti al consumo di germogli di ravanello bianco; non si osservarono decessi.
2000
New York, 1000 casi con 2 decessi, attribuiti a acqua contaminata.
2004
Danimarca, 25 casi attribuiti al consumo di latte.

E. coli O157 si è guadagnato un posto di riguardo nella lista dei patogeni emergenti stilata dall’Organizzazione Mondiale delle Sanità e rappresenta un grave problema di sanità pubblica.
L’Inghilterra è il Paese europeo cha ha avuto la maggiore incidenza. In Italia dal 1988 al 2004 sono stati notificati 344 casi (dati ricavati da Enter-net).
E. coli O157 rappresenta il sierotipo patogeno più conosciuto nell’ambito della classe degli E. coli cosiddetti enteroemorragici (EHEC), tuttavia è noto dalla letteratura che anche altri sierotipi sono responsabili di malattie alimentari (in particolare O103:H2, O26:H11, O111) in quanto produttori di tossine. Il caso tedesco sembra essere attribuibile al meno noto sierotipo O104:H4 che si sta rivelando particolarmente “aggressivo”.
Si tratta di microrganismi che possono vivere come “commensali” nell’intestino dei bovini che, non avendo recettori specifici per le tossine espresse dal batterio, non sviluppano tutti i sintomi della malattia ed assumono il ruolo di “portatori sani”.
Alla base della malattia nell’uomo c’è, quindi, il consumo di alimenti contaminati direttamente (carne o latte) o indirettamente (prodotti vegetali) da feci di bovino
I principali veicoli alimentari implicati nelle epidemie sono rappresentati soprattutto da preparati a base di carne di bovino mal cotti (hamburger, polpette), sidro di mele prodotto in cattive condizioni igieniche, latte e succhi di frutta non pastorizzati, acqua non trattata, alcuni vegetali contaminati da materiale fecale bovino.
Contrariamente a quanto si riteneva nel passato i Coli enteroemorragici hanno dimostrato di avere una spiccata acido-tolleranza che gli consente di sopravvivere per lunghi periodi anche in insaccati, formaggi stagionati, yogurt, succo di mela, maionese.
La malattia si manifesta a carico dell'intestino crasso dopo un periodo di incubazione di 3-4 giorni durante i quali inizia a comparire una diarrea non sanguinolenta. Circa al terzo giorno compaiono forti dolori addominali accompagnati da diarrea sanguinolenta. I ceppi EHEC producono una tossina (Stx-1) identica alla tossina prodotta da Shigella ed una tossina (Stx-2) molto simile alla tossina di Shigella.
Attraverso meccanismi biochimici relativamente semplici queste tossine sono in grado di bloccare la sintesi proteica. La distruzione degli enterociti (cellule intestinali), accompagnata da una diminuzione della capacità di assorbimento sono alla base della diarrea molto liquida e sanguinolenta.
La produzione di Stx-2 si associa, a volte, alla sindrome uremico-emolitica (HUS), caratterizzata da insufficienza renale acuta, trombocitopenia, anemia emolitica, micro-angiopatia.
Come già accennato i Coli enteroemorragici raggiungono l’ambiente esterno tramite le feci degli animali portatori. Poiché la contaminazione degli alimenti avviene per contatto è necessario porre particolare attenzione a quelle fasi della produzione/trasformazione degli alimenti che più facilmente comportano questo rischio, come la mungitura, la macellazione dei bovini, l’impiego alimentare o irriguo di acque contaminate.
Anche se di importanza minore, non è esclusa la possibilità di trasmissione da persona a persona o mediante contatto diretto con gli animali escretori.
Studi condotti in Italia per valutare la presenza di Coli enteroemorragici nei bovini e negli alimenti, hanno messo in luce una discreta percentuale di bovini escretori e di carni contaminate al macello (fino al 13%) ma è raro il riscontro di questi microrganismi negli alimenti analizzati provenienti dalla rete distributiva.
Le infezioni da ceppi verocitotossici possono colpire persone di tutte le fasce di età; tuttavia, come per la maggior parte delle infezioni a veicolo alimentare, le età estreme (bambini ed anziani) rappresentano un importante fattore di rischio. In particolare, per le complicanze (es. Sindrome Emolitico Uremica), i bambini sotto i 5 anni sono a maggiore rischio. Le epidemie sono state osservate sia all’interno di comunità o istituti sia in altri più vasti ambiti.
La prevenzione delle infezioni da ceppi EHEC si può sviluppare su diversi livelli.
1)      Applicando le regole generali di igiene e di sicurezza alimentare (Lavarsi attentamente le mani, usare attrezzature e taglieri separati per la carne e gli altri alimenti (rischio contaminazioni crociate), pulizia e disinfezione delle superfici e degli utensili ecc.
2)      minimizzando i rischi legati alle modalità di consumo (cuocere bene le carni macinate, evitare il consumo di latte crudo, lavare accuratamente frutta e verdura se non sbucciata o cotta).
3)      Consumando o utilizzando per la preparazione di alimenti soltanto acqua potabile
4)      Clorando correttamente le piscine
Gli operatori dell’industria alimentare devono minimizzare la contaminazione fecale delle carni durante le fasi di macellazione e devono applicare norme igieniche appropriate nella preparazione, distribuzione e somministrazione degli alimenti.
I risultati di queste attenzioni nelle fasi di produzione, trasformazione e commercio vanno testati e monitorati nell’ambito dell’autocontrollo (basato su HACCP)
E’ normale che in occasione di emergenze il ministro della sanità, le amministrazioni periferiche e l’intero sistema produttivo si prodighino per rassicurare i consumatori e che il nostro Paese, almeno nei primi giorni, risulti sempre estraneo a qualsiasi situazione di crisi ma sarebbe opportuno sostenere il sistema dei controlli sanitari “in tempo di pace” per potersi vantare della sua solidità e bravura nei momenti difficili.
Qualche interrogativo è d’obbligo.
1)      Come si concilia la politica agroalimentare della tipicità, della tradizione, del “piccolo è bello”, della filiera corta con il rigore imposto dalle norme sanitarie? La vendita di latte crudo attraverso una fitta rete di distributori è una realtà italiana importante, basta dire ai consumatori di fare bollire il latte?
2)      E’ normale che un Pese con una cultura e una tradizione enogastronomia tra le più importanti nel mondo contesti e contrasti la cultura del fast food che ha come simbolo gli hamburger della Mc Donald. L’offensiva è senz’altro condivisibile anche sotto il profilo nutrizionale ma l’hamburger piemontese di Mac Bun, diventato M**Bun dopo il contenzioso con il colosso americano, non può contare sulle tecnologie dure applicate in America (irraggiamento) per rimediare all’epidemia da E. coli O157:H7 del 1982.
3)      Gli sforzi per ridurre i nitrati nelle acque potabili comportano una maggiore attenzione nella gestione dei reflui zootecnici. Ad oggi non sembra esserci una buona intesa tra agricoltura, ambiente e sanità e in tempi di crisi economica c’è il rischio di sacrificare qualche esigenza sanitaria a favore dello sviluppo economico e della competitività.
Serve a poco “sguinzagliare” i NAS, come si legge nei comunicati stampa, per controllare la presenza di questo o di quell’alimento sospettato. Servirebbe molto di più credere nella prevenzione e migliorare la comunicazione del rischio fuori dalle emergenze che si susseguono.
Forse si scoprirebbe che i consumatori non sono dei minorati mentali e che possono anche correre qualche rischio se questo va a vantaggio della qualità della loro vita e non solo a vantaggio dei profitti delle imprese di produzione o, peggio, a vantaggio di controllori deboli e corruttibili.
La ricetta non è, quindi, quella di indebolire il sistema dei controlli perché “scomodo”, “fastidioso” o “inutilmente vessatorio” e di sostituirlo con un sistema di tipo militare da utilizzare “a comando” togliendo il guinzaglio nelle emergenze per poi rimetterlo quando finisce la burrasca.
Con o senza i Coli enteroemorragici il cetriolo rischia di diventare il simbolo di un sistema che non funziona, come l’ombrello di Altan.
Gianfranco Corgiat Loia

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