mercoledì 29 giugno 2011

Biosensori per garantire la sicurezza alimentare.

La domanda di sicurezza alimentare ha tendenza a crescere con gli scandali alimentari e con la confusione che, da qualche tempo, li caratterizza. La comunicazione del rischio, se non adattata alle esigenze di comprensione dei cittadini, trasforma il diritto di essere informati in terrorismo psicologico.
La perdita di fiducia dei consumatori nei confronti delle istituzioni preposte ai controlli genera due atteggiamenti sbagliati:

  1. il “fai da te”, che ha la sua massima espressione nell’etichetta “lenzuolo” che, secondo alcuni, favorirebbe la scelta consapevole degli alimenti ma che, più facilmente, potrebbe generare inutili costi aggiuntivi, maggiore confusione e dubbi benefici per la sicurezza alimentare.
  2. il ricorso ai “blitz” delle forze dell’ordine ed alla Giustizia penale per cercare i colpevoli del misfatto (vero o presunto) e non per prevenire il ripetersi di analoghe emergenze.  
La prevenzione costa e quando non succede nulla si dubita della sua effettiva efficacia, soprattutto quando si tratta di tagliare risorse nei bilanci pubblici sempre più in rosso. Il blitz è invece in perfetta sintonia con l’emergenza ed alimenta la falsa convinzione che magistratura e carabinieri siano gli unici, veri baluardi contro la sofisticazione alimentare e la contraffazione.
Sembra quasi che i cittadini ignorino l’esistenza di circa 6000 veterinari pubblici e di altrettanti medici e tecnici della prevenzione che, ogni giorno, svolgono accertamenti, prelevano campioni, sanzionano irregolarità e correggono comportamenti che potrebbero rappresentare un pericolo per i consumatori.
Di pari passo si sviluppa l’attività di analisi degli alimenti.
Mentre l’Europa ha, da tempo, corretto il tiro distinguendo i controlli analitici adottando “criteri di igiene di processo” e “criteri di sicurezza del prodotto” e limitando gli accertamenti analitici sui prodotti già in commercio a pochi parametri microbiologici che scaturiscono dall’analisi del rischio, in Italia continua a crescere la domanda di analisi su alimenti già in commercio e, per di più, senza il supporto di una seria valutazione del rischio.
Mentre l’Europa tende a ridurre il costo pubblico delle garanzie sanitarie costringendo l’industria alimentare a compartecipare economicamente (diritti sanitari, autocontrollo, analisi) ed organizzativamente alla certificazione di garanzia di sicurezza e di qualità dei prodotti alimentari, l’Italia continua a spendere importanti risorse pubbliche in migliaia di analisi di laboratorio di dubbia utilità per la sicurezza alimentare.
L’affinamento delle tecniche analitiche ed il miglioramento delle tecnologie rendono i controlli di laboratorio molto precisi ed affidabili ma anche molto più costosi. E’ evidente che a fronte di un netto miglioramento della capacità di indagine dei laboratori sarebbe stato opportuno anche un cambiamento radicale dell’approccio al campionamento ed all’analisi di laboratorio con una sensibile riduzione della quantità di campioni (efficienza) a favore della qualità delle indagini (efficacia) e con beneficio anche per i conti pubblici.
L’irrazionalità dei comportamenti umani in situazioni di emergenza, forse anche assecondata dalla politica e dai media, costringe invece ad agire in senso opposto: lasciando credere al consumatore che più analisi si fanno, maggiore è la garanzia di tutela della salute.
Il ciclo, ormai collaudato, è noto a tutti: i tagli sulla prevenzione favoriscono le emergenze che, a loro volta, giustificano il ricorso ad un sistema articolato, complesso e costoso e l’accesso a finanziamenti straordinari per dimostrare l’attenzione e l’interesse per la salute dei cittadini. Con ikl ministro Storace si è arrivati addirittura a spendere 60 milioni di euro per acquistare il diritto di prelazione sulla produzione di vaccini per l’influenza aviaria, casomai fosse arrivata in Italia.
Tutto ciò non serve a sgravare le imprese alimentari di costi per il controllo della sicurezza dei loro prodotti migliorando la competitività delle aziende italiane sui mercati internazionali: l’HACCP ed il pagamento dei diritti sanitari sono comunque obbligatori e nella maggior parte dei casi si ottengono i seguenti risultati, entrambi negativi:

  1. le imprese pagano l’implementazione e l’applicazione di sistemi che non servono a migliorare la sicurezza dei prodotti (adempimento formale);
  2. le imprese investono sulla sicurezza dei loro prodotti ma la pubblica amministrazione non tiene minimamente conto del loro impegno e dei risultati ottenuti e duplica i controlli usando risorse pubbliche.

Nuovi orizzonti per i controlli analitici

Da qualche anno si stanno sperimentando nuove tecnologie e nuove tecniche di indagine analitica per cercare di “salvare capra e cavoli”, ovvero, per non ridurre il numero dei controlli e per renderli compatibili con le ristrettezze dei bilanci pubblici.
Per fare un esempio, la ricerca di microinquinanti ambientali come diossine, policlorobifenili, furani ecc. ha costi molto alti (circa mille euro a campione) ma la ricerca biomedica sta facendo progressi interessanti con la “proteomica” che mira ad identificare le proteine ed ad associarle con uno stato fisiologico in base all’alterazione del livello di espressione fra controllo e trattato.
Con costi inferiori a 100 euro per analisi la proteomica permette di correlare il livello di proteine prodotte da una cellula o tessuto e l’inizio (o la progressione) di uno stato di stress o di cambiamento.
Ancor più interessanti sono le ricerche nel campo dei sensori e dei microsistemi che sfruttano i  grandi progressi ottenuti in diversi campi, quali in particolare: le nanotecnologie e i nanomateriali, la microelettronica, l’elettronica molecolare, le biotecnologie e l’ICT.
I grandi avanzamenti nel settore dei materiali nanostrutturati, tra le altre applicazioni, stanno consentendo lo sviluppo di nuovi immunosensori elettrochimici da impiegare per le analisi cliniche e per la sicurezza alimentare.
I “biosensori” sono dispositivi analitici  in grado di convertire un’attività biologica in un segnale (elettrico, ottico o acustico) misurabile, mediante la stretta integrazione di un elemento biologico sensibile con un sistema strumentale di trasduzione, acquisizione e analisi dei dati.
Questi dispositivi sfruttano le caratteristiche di specificità, affinità e reattività di molte molecole biologiche naturali (anticorpi, enzimi, DNA) o di  altri mediatori biologici, come i polimeri a stampo molecolare (recettori biomimetici) e gli aptameri (oligomeri di acidi nucleici in grado di legare selettivamente le molecole oggetto di interesse).
I principali vantaggi nell'utilizzo dei biosensori sono: 

  • elevata specificità e sensibilità
  • semplicità e rapidità d’uso
  • basso costo
  • velocità di risposta
  • minore pretrattamento del campione
  • piccole dimensioni e facilità di trasporto per misurazioni in situ
  • possibilità di rigenerazione e riutilizzo per ripetute analisi.
Per applicazioni legate alla qualità ed alla sicurezza dei prodotti alimentari si registra un grande interesse per lo sviluppo di sistemi multi-analita, quali ad esempio i microarray (matrici ordinate di elementi biologici sensibili), in grado di individuare la contemporanea presenza di più sostanze chimiche o di più agenti patogeni.
Si potrebbero avere grandi vantaggi nell’analisi rapida di screening di materie prime e prodotti per l’individuazione di contaminanti (anche nel campo dell’autocontrollo) ma si intravedono interessanti possibilità di utilizzo anche nel riconoscimento di pattern molecolari per stabilire origine e qualità dei prodotti (tutela dei prodotti a marchio e difesa dei prodotti tipici del territorio).
L’Unità Tecnica Sviluppo Sostenibile e Innovazione del Sistema Agroindustriale (UTAGRI) dell’ENEA sta sviluppando alcuni biosensori per l’individuazione di contaminanti nelle acque potabili, di residui di farmaci veterinari nel latte, di batteri in prodotti di IV gamma e di micotossine negli alimenti.
La criticità da superare è legata alla necessità di assicurare la qualità delle misure connesse con i problemi che riguardano la sicurezza alimentare, un “dettaglio” molto importante ai fini dell’adozione di appropriate strategie di prevenzione e protezione, dell’attivazione degli interventi di vigilanza e controllo e dei conseguenti processi decisionali.
E’ questo il filone di ricerca che va ancora sviluppato per garantire l’affidabilità e la comparabilità delle misure chimiche e biologiche e, in particolare, per quelle ottenute mediante sensori: solo rendendo disponibili adeguate procedure per la validazione dei metodi e la verifica dei dispositivi sarà infatti possibile (oltreché opportuno) diffondere efficacemente questi nuovi strumenti di misura, specificando con chiarezza ambiti e limiti di applicazione.
Il Politecnico di Torino studia da tempo, realizza e soprattutto “ingegnerizza” i nano-biosensori meccanici, detti anche “cantilevers” (letteralmente, travi a mensola), che sfruttano la variazione di risonanza delle leve, cioè i cambiamenti delle loro proprietà meccaniche dovuti alla presenza/assenza di determinate molecole. E’ proprio questa la grande novità dei biosensori: l’impiego di un metodo meccanico (e non chimico) per sondare interazioni di tipo molecolare.
Analisi più precise, campioni più piccoli, sostanze da ricercare in quantità minime sono i vantaggi promessi da questi nuovi sensori che funzionano come una bilancia, ovvero, sono normalmente statici e si muovono per ‘reazione’ se intercettano la molecola a cui sono sensibili.
I nano-biosensori possono integrare tutte le operazioni tradizionalmente svolte da un laboratorio in uno spazio di qualche centimetro e, quando saranno prodotti su scala industriale, costeranno meno di 1 centesimo di euro e limiteranno l’uso di reagenti chimici riducendo l’impatto ambientale delle analisi.
Le analisi saranno molto più veloci (anche di 10 volte) e soprattutto più sensibili, su campioni di ridotte quantità e con una ridotta probabilità di errore. Visto lo scarso ingombro, sarà possibile realizzare kit portatili per l’analisi sul campo, con importanti applicazioni ad esempio per la tracciabilità degli OGM, l’analisi delle acque o le indagini negli allevamenti zootecnici.
Speriamo che almeno questa innovazione possa servire a rassicurare i consumatori senza dover ricorrere a scenografie poliziesche, emergenze cicliche e battaglie contro nemici non sempre reali.
Gli “effetti speciali” delle emergenze potranno essere sostituiti, forse, con gli “effetti speciali” della scienza e delle nuove tecnologie, a beneficio della salute e del portafoglio.
Gianfranco Corgiat Loia

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