martedì 16 agosto 2011

Api, neonicotinoidi e web.


Ho letto casualmente e soltanto ora sul sito di Marisa Valente e Renato Bologna la risposta al mio post su api e neonicotinoidi del 13 luglio scorso e non avendo altre occasioni di confronto desidero ringraziarli per alcune buone ragioni:
  1. per la pacatezza e l’educazione con la quale stanno affrontando la difficile battaglia contro l’impiego di fitofarmaci in agricoltura;
  2. per la loro determinazione;
  3. per le argomentazioni esposte nelle loro “controdeduzioni” e per l’opportunità che mi hanno offerto di stabilire un dialogo su un tema così importante e controverso come quello dei fitofarmaci.
Per chiarezza, sono laureato in medicina veterinaria e per 24 anni ho lavorato nel settore della sanità pubblica regionale a fianco del dr. Mario Valpreda, fino a quando l’assessore Mino Taricco mi ha dato l’opportunità di lavorare con lui come direttore dell’agricoltura regionale, incarico che si è concluso nell’ottobre dell’anno scorso con lo “spoil system” attuato dalla Giunta Cota.
29 anni di esperienza per me molto positiva sotto il profilo professionale ed umano. 
Credo nelle attività di prevenzione e, se usato in modo corretto, anche nel principio di precauzione. Le prime presuppongono la conoscenza del nemico da combattere, il secondo è invece caratterizzato dall’incertezza scientifica e presuppone lo sviluppo di studi e ricerche rivolte a migliorare le conoscenze e a trovare soluzioni adeguate.
I neonicotinoidi dovrebbero far parte della lunga lista dei “nemici” individuati. Ma perché racchiuderli tra virgolette? Perché nei confronti dei farmaci si ha, di norma, un atteggiamento più benevolo e si impostano azioni di contrasto nei confronti dell’abuso, non dell’uso.
In altri termini, per i farmaci si adotta la regola dell’analisi costo/beneficio che, spesso, ispirandosi alle teorie riduzioniste, ha il grosso limite di essere circoscritta allo stretto ambito di impiego e non all’insieme delle relazioni con l’ambiente o con altre popolazioni umane o animali.
Sui neonicotinoidi si sa molto e le conseguenze misurate sulle api in concomitanza con la semina del mais sono da attribuire alla trascuratezza, non all’ignoranza. Si sono sottovalutati, forse scientemente, gli effetti della concia dei semi perché il seme “andava sotto terra”, pur sapendo che il farmaco ha una azione sistemica e che nella guttazione del mais si sarebbero potuto trovare tracce del farmaco.
Per il ruolo che ho ricoperto negli anni scorsi ho avuto la possibilità di conoscere i responsabili delle due associazioni apistiche che operano in Piemonte e delle due Cooperative più rappresentative del Settore e di discutere con loro i criteri e le modalità di riparto dei finanziamenti comunitari destinati all’assistenza tecnica ed i bandi per gli investimenti in apicoltura finanziati con risorse regionali.
Si è parlato delle malattie che più colpiscono gli apiari, dell’impiego illecito di antibiotici e di residui di contaminanti nei prodotti dell’apicoltura, si è discusso in modo approfondito e concorde il tema della concia dei semi e dei rapporti con i produttori di mais ma pur sapendo che i neonicotinoidi continuavano ad essere utilizzati in viticoltura e su questo specifico punto non è mai stato chiesto uno specifico intervento regionale al riguardo.
La sospensione dell’impiego dei concianti ha fatto crescere il consumo di altri pesticidi registrati per trattamenti in campo mediante aspersione o irrorazione, con danni ambientali sicuramente maggiori ma, inspiegabilmente, senza segnalazioni di moria nelle aree così pesantemente trattate.
Una cosa sembra essere certa: se la commissione fitofarmaci mette al bando un principio attivo cambia l’etichetta dei prodotti utilizzati, non la quantità complessiva di prodotti dispersi nell’ambiente.  
Questo è il vero punto critico: se si mettessero tutti i fitofarmaci al bando molte imprese agricole chiuderebbero i battenti, con conseguenze occupazionali ed economiche che, soprattutto in questa fase di prolungata crisi, sarebbero particolarmente gravi.
Analogamente, se si bandissero tutti i farmaci destinati a combattere le malattie dell’uomo o degli animali si tornerebbe a morire per banali infezioni batteriche.
L’omeopatia non è una alternativa alla farmacoterapia. Può essere di aiuto in taluni casi così come i rimedi terapeutici proposti dalla cosiddetta “medicina alternativa”.
Non è questione di scetticismo personale ma di confronto scientifico internazionale che, lungi dall’assolvere “a priori” le malefatte o gli insuccessi della medicina tradizionale (e non sono pochi), ha finora confermato l’inconsistenza delle medicine alternative. Tutt’al più si potrebbe parlare di medicine integrative, ma non alternative.  
Per questo l’analisi costo/benefici continuerà ad orientare le scelte del legislatore, con il rischio che “il costo” si scarichi su un solo settore produttivo (in questo caso l’apicoltura) e che “i benefici” siano misurati soltanto sul reddito delle famiglie agricole, senza tener conto di quei “beni pubblici” che l’agricoltura è in grado di produrre e che l’Europa sta finanziando con la Politica Agricola Comunitaria (più di un terzo delle risorse è destinato alle politiche agroambientali).
Quando flavescenza dorata flagella i vigneti piemontesi e mette a rischio la produzione vinicola regionale è già difficile pensare di ottenere il bando completo dei soli neonicotinoidi, altro che invocare il bando di tutti i fitofarmaci!
Il populismo e la demagogia possono anche scaldare il cuore dei leader della protesta e trovare consensi tra chi non è disposto a mediare tra il sogno e la ragione ma sono atteggiamenti irresponsabili a cui seguono, di regola, il nichilismo o la delusione.
Diverso è pretendere maggiore rigore nell’approvazione dei farmaci e maggiore prudenza nel loro impiego, sia per i dosaggi sia per le modalità di somministrazione.
Io ho rispetto per l’attività che svolgono gli apicoltori e ho anche capito che la loro capacità di organizzarsi e di farsi sentire è inversamente proporzionale alle dimensioni degli animali allevati. Forse questa forza, oltre che per l’importanza degli insetti pronubi in agricoltura, deriva anche dalla capacità di coniugare rivendicazioni economiche e “valori”, di pensare al proprio reddito ma anche alla conservazione dell’ambiente ed al futuro dell’agricoltura.
La battaglia avviata da Marisa Valente e Renato Bologna si presta ovviamente a raccogliere adesioni. E’ difficile non essere d’accordo con i valori espressi. Ci sono affinità con altri temi che “emozionano” (OGM, nucleare, ecc.) ma occorre limitarsi al “cuore pulsante del buon senso, della legalità e della lealtà“, come dicono i due apicoltori nella loro risposta, senza farsi catturare dal radicalismo e dal fanatismo di posizioni “off limit”.
Le affermazioni contenute nel mio precedente post derivano da una conoscenza indiretta dell’azienda agricola di Rocchetta Tanaro ma così rappresentata dai colleghi veterinari dell’ASL con cui ho avuto modo di parlare e dai colleghi del Settore fitosanitario regionale con cui ho avuto modo di lavorare fianco a fianco negli anni scorsi.
Le affermazioni sulle “omissioni nella segnalazione delle positività” da parte dei tecnici che hanno prelevato i campioni da esaminare dovranno essere valutate più attentamente prima di ipotizzare leggerezze o colpe degli organi di controllo.
In ogni caso, visto che si legge dell’esistenza di relazioni ispettive favorevoli all’azienda, sarebbe molto utile poterle leggere sul sito per un utile confronto tra riscontri ufficiali ed ufficiosi. Andrebbe certamente a vantaggio dell’azienda di Rocchetta Tanaro.
L’ipotesi di una intossicazione cronica da accumulo è verosimile ed interessante, così come i “suggerimenti” sulle modalità di ricerca dei residui di farmaco. Si tratta di spunti utili per migliorare le conoscenze sulle modalità di diffusione del farmaco nell’arnia e sulle relazioni tra contaminazione dei prodotti e sofferenza/morte delle api. 
Va colto senz’altro l’invito di dialogare tra “persone per bene" con rispetto reciproco e mi spiace che i legittimi dubbi espressi nel mio post siano stati intesi come malignità. Non era certo nelle mie intenzioni.
Se il problema neonicotinoidi è davvero sentito dalla categoria, la Regione Piemonte avrà tutto l’interesse ad inserire nei suoi programmi di attività e nei suoi finanziamenti le azioni di contrasto più adeguate, a cominciare dall’assistenza tecnica per prevenire i casi di moria, fino a finanziare la ricerca dei residui nei prodotti.
La Regione Piemonte cerca di rappresentare gli interessi della maggioranza dei cittadini e delle  categorie: quella dei cosiddetti “consumatori”, quella degli apicoltori e quella degli agricoltori.
Per questo è necessario trovare un equilibrio tra gli interessi di chi alleva api, di chi coltiva la vite o il mais e di chi, come tutti noi, consuma miele, vino e paste di meliga. Servono alleanze, non contrapposizioni, e per raggiungere questo obiettivo occorre trovare soluzioni lasciando agli organi di controllo il compito di trovare, se ce ne sono o ce ne saranno, i colpevoli.
Gianfranco Corgiat Loia