giovedì 10 novembre 2011

Modernizzazione dell’ispezione delle carni


L’ispezione delle carni è rivolta principalmente a individuare e prevenire pericoli per la salute pubblica quali agenti patogeni di origine alimentare o contaminanti chimici in alimenti di origine animale.
Il Regolamento Vigilanza Sanitaria Carni del 1928 ha, di fatto, disciplinato l’attività ispettiva nel secolo scorso con princìpi e metodologie che risultarono, in buona parte, ancora attuali quando  entrarono in vigore le norme di derivazione comunitaria.
Molti sono gli studiosi che negli ultimi vent’anni si sono interrogati sull’adeguatezza della metodologia ispettiva esaminando in chiave critica ed approfondita i precetti d’inizio secolo e quelli attuali ma si è sempre giunti alla conclusione che l’ispezione veterinaria nei macelli, pur non offrendo sempre una adeguata protezione ai consumatori, rappresentava il migliore compromesso tra costi e risultati ottenuti.

I tradizionali controlli sensoriali e seriali (controllo visivo, palpazione e incisione) permettono di rilevare la presenza di lesioni evidenti, traumatiche o di origine biologica, e questo concorre senz’altro a soddisfare gli obiettivi di salute pubblica ma possono sfuggire alcune patologie di origine alimentare come la campylobatteriosi, la salmonellosi, pericolosi ceppi di E. coli  ma anche la contaminazione da sostanze chimiche come gli steroidi o tracce di farmaci veterinari.
Per questa ragione, nel tempo, si è affiancato un sistema di controlli analitici che, tuttavia, ha costi che crescono in rapporto alla sensibilità dei metodi impiegati e non sempre risulta compatibile con l’esigenza di esprimere un giudizio di commestibilità delle carni prima della loro commercializzazione senza dover ricorrere al congelamento.
Non va trascurata l’importanza dell’ispezione nell’ambito del monitoraggio di alcune malattie degli animali ed ai fini della verifica del rispetto degli standard di benessere degli animali.
Fino a quando il costo dell’attività ispettiva veterinaria tradizionale gravava interamente sui bilanci pubblici le Imprese e la Scienza non hanno sentito il bisogno di discutere sulla qualità o sull’opportunità dei controlli veterinari ma da quando l’Unione Europea ha cominciato ad occuparsi della materia sancendo il principio che il costo dell’ispezione delle carni deve gravare sulle imprese di produzione (poiché l’ispezione è un pre-requisito per poter definire “alimento” la carne ottenuta dagli animali macellati) le cose sono cambiate.
L’ispezione veterinaria è diventata uno dei “fattori di produzione” e sebbene l’UE, per ridurre i rischi di una indebita concorrenza, abbia armonizzato i costi di ispezione, permangono buoni margini di trattativa tra le imprese e le ASL che possono incidere sulla competività dell’impresa intervenendo sui costi dell’ispezione.
Ecco, in sintesi, alcune “storture” del sistema italiano:
  1. l’ispezione veterinaria, in Italia, è svolta esclusivamente da veterinari mentre in molti Paesi europei si utilizza anche personale non laureato, benché adeguatamente formato e funzionalmente dipendente da un veterinario ispettore;
  2. poiché le politiche di riduzione della spesa pubblica non consentono di assumere nuovi veterinari ispettori le ASL soddisfano la domanda di ispezione con veterinari convenzionati. La prestazione di servizio è concordata in rapporto alle esigenze del macello ed il trattamento economico è circa un terzo del costo di un veterinario ufficiale strutturato;
  3. i veterinari convenzionati (detti anche “sumaisti” dal nome del sindacato che li rappresenta) sono più di mille in Italia e molti di essi svolgono anche attività libero professionale (normalmente in ambulatori per animali di affezione);
  4. Le ASL che hanno una dotazione organica sufficiente non hanno motivo di richiedere il supporto di veterinari convenzionati ma poiché il macello deve comunque assicurare il pagamento dell’attività ispettiva subisce la concorrenza di altri macelli che, a parità di attività e di mercato, hanno costi di ispezione inferiori.
  5. il 70% circa degli ispettori veterinari delle ASL controlla circa il 20% delle carni. L’altro 30% controlla l’80% delle macellazioni. E’ evidente che il Servizio Sanitario Italiano, forse per non dover discutere troppo con le potenti industrie di macellazione, sta utilizzando in modo improprio le risorse disponibili.
  6. Le situazioni più complesse e le attività svolte in orari non compatibili con il contratto dei medici pubblici sono affidate prevalentemente a giovani professionisti freschi di laurea, senza esperienza e con scarsa autorità ed autorevolezza.
  7. Visti i perduranti tagli sulla spesa pubblica ed il blocco delle assunzioni i veterinari ufficiali del Servizio Veterinario Nazionale hanno un’età media di 55 anni e, per motivi di carriera, sono sempre più dipendenti dalla politica e sempre meno preparati a sostenere contenziosi su questioni di natura tecnico/professionale.
  8. Crisi economica ed occupazionale hanno accentuato la “competizione” tra le professioni che afferiscono al settore agroalimentare e, nell’ambito della veterinaria, sembrano più attrezzati a sostenerla i veterinari liberi professionisti, forse anche per le già accennate difficoltà di rinnovamento della veterinaria pubblica.
  9. La dispersione dei punti di controllo è un costo per il Servizio Sanitario e un punto di forza per le politiche di valorizzazione dei prodotti e di difesa del territorio. Serve un obiettivo comune Sanità/Agricoltura per evitare ciò che si è già verificato: l’Agricoltura finanzia progetti di sviluppo di attività nel settore agroalimentare in piccole aziende di collina e di montagna e la Sanità chiede alle imprese di pagare i costi del controllo Ufficiale che, per le ragioni sintetizzate nei punti precedenti, rischiano di superare l’entità dei contributi ricevuti.  
  10. L’esigenza di contenere la spesa ispettiva nei settori dove il margine di utile è più risicato (carni suine ed avicole) il tempi di ispezione sono diventati talmente ridotti da pregiudicare la qualità della visita ispettiva (il veterinario ufficiale ha a disposizione meno di un minuto per ogni suino macellato e meno di 10 secondi per ogni pollo macellato).
  11. Il veterinario ufficiale, che dovrebbe occuparsi di ispezione, si trova a dover contrattare il costo del suo intervento tra pretese dell’impresa e dei suoi agguerriti rappresentanti, obblighi di legge ed interventi dei politici locali sensibilizzati dalle stesse imprese.
  12. Le ASL devono “giustificare” il costo dei veterinari ispettori ma non hanno l’obbligo di giustificare il costo dei veterinari che si occupano di sanità animale o dei medici che si occupano del controllo degli alimenti di origine non animale. Un sistema molto strano, ove convivono rigore e sprechi.   
Nel maggio del 2010 l’UE ha chiesto all’EFSA di fornire le basi scientifiche per modernizzare l’ispezione delle carni. l’EFSA , con la collaborazione del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), dovrà proporre un nuovo approccio all’ispezione delle carni basato sull’analisi del rischio.
La valutazione dei rischi sarà estesa alla salute e benessere degli animali, ai contaminanti chimici nella catena alimentare, ai pericoli biologici per la salute, alle zoonosi comprese le metodologie di valutazione e la raccolta di dati.
Ci si aspetta possibili miglioramenti o metodi alternativi per l'ispezione delle carni o la revisione dei metodi attuali e non si esclude la possibilità che, in taluni casi, l’obbligo di presenza veterinaria durante la macellazione possa essere sostituito da un sistema di sorveglianza attiva con l’aiuto di personale formato e posto funzionalmente alle dipendenze dei veterinari ufficiali.
L’EFSA dovrà inoltre proporre alcuni indicatori epidemiologici relativi a pericoli specifici per la salute pubblica in modo da permettere ai Paesi membri di adattare i loro metodi di ispezione delle carni.
Le attività di studio e ricerca sono in corso e mentre per suini e pollame sono già state predisposte proposte per la Commissione, per i bovini, ovini e caprini domestici, selvaggina di allevamento e solipedi domestici si dovrà aspettare la scadenza prevista per il giugno 2013.
Forse sarà la fine di un ciclo e l’inizio di un nuovo corso. D’altra parte, per continuare ad essere efficace, l’attività ispettiva veterinaria deve sapersi adattare al cambiamento delle condizioni sanitarie negli allevamenti, alla comparsa di nuove patologie ed ai successi ottenuti con i piani di profilassi obbligatoria.
Tutto questo sta scritto anche nel Regolamento 178/2002 che ha formalmente unificato sotto il tema della sicurezza alimentare la sanità animale, l’alimentazione zootecnica e l’ispezione degli alimenti.
In tempi di crisi e di riorganizzazione della pubblica amministrazione varrebbe la pena riflettere sull’anacronistica organizzazione per “aree funzionali” dell’attuale Sanità pubblica veterinaria, sulla separazione tra competenze mediche (SIAN) e veterinarie (SV) e sull’opportunità di accorpamento delle strutture pubbliche che, a vario titolo, si occupano di sicurezza alimentare (l’integrazione funzionale non ha dato finora buoni risultati) e di una maggiore integrazione tra competenze pubbliche e private.
Gianfranco Corgiat Loia