lunedì 19 dicembre 2011

Le invasioni di campo non fanno bene alla salute

Nel giugno del 1950 “il Ponte” pubblicava un articolo di Piero Calamandrei dal titolo “Repubblica Pontificia”. Il tema era quello della preoccupante deriva del Governo dai valori della Costituzione, della sudditanza nei confronti del Vaticano e della subdola occupazione del potere da parte dell’allora “Democrazia Cristiana”.
La tutela della salute pubblica ha radici anche nella politica ma richiede soprattutto abilità tecniche in grado di trasformare le aspirazioni e gli slogan della politica in tutele concrete per i cittadini.
La buona politica ha bisogno di bravi manager e bravi tecnici ma non sempre i politici la pensano così. A cominciare dallo spoil system delle figure apicali fino ad arrivare alle questioni più spicciole sembra oggi più importante l’obbedienza al partito della competenza tecnica o dell’esperienza. L’indipendenza di pensiero dei tecnici contrasta con la tendenza a separare “gli amici” dai “nemici” e non sempre gli amici sono anche bravi.
Per questo vi propongo una lettura sempre attuale. Son passati più di sessant’anni ma ….  


(…..) E tuttavia, di siffatto slittamento del governo in regime, questi, che avvengono apertamente sul piano legislativo, non sono i sintomi più allarmanti. Più grave è quello che avviene senza clamore, giorno per giorno, sul piano economico e sociale; dove la Democrazia cristiana, con ammirevole pazienza e coerenza, sta sistemando i suoi fedeli non soltanto nei pubblici uffici, necessariamente temporanei, ma nelle più stabili e più lucrose cariche direttive degli istituti controllati dallo Stato, nelle banche, nei giornali, nei consigli di amministrazione delle grandi industrie: ovunque ci sia un profitto da trarre, una prebenda da lucrare, un gettone di presenza da riscuotere, una poltrona comoda con molti campanelli sulla scrivania e alla porta un'automobile da sdraiarcisi senza pagare.
È incredibile quanto sia elastica e adattabile la morale di certi cattolici: con quanta rapidità, questa brava gente che versa lacrime di compunzione nelle conferenze dove si cantano le laudi dèlla francescana povertà, si rassegna appena uscita di lì a portare il peso della ricchezza, e si affeziona a quel cilicio.
Tutti questi scandali delle incompatibilità parlamentari, di cui si discute sui giornali e in Parlamento mentre scrivo queste pagine, non sono che un aspetto, e forse il meno importante, del fenomeno: quel che colpisce non è la scorrettezza o magari la ruberia individuale, il fatto che qualche uomo politico si sia lasciato corrompere dall'occasione (in tutti i partiti governativi riescono a intrufolarsi cosiffatti profittatori: il partito che non ha peccato scagli la prima pietra), ma è la indifferenza generale di un governo o di un partito a questi scandali, e la convinzione sempre più diffusa che per mantenersi al potere bisogna in qualche modo lasciare che i propri fidi si arricchiscano a spese pubbliche e chiudere un occhio sulle loro debolezze, e compensarli, quando l'ufficio politico deve cessare (il «cambio della guardia») col premio di consolazione di una lauta prebenda assicurata per tutta la vita.
E c'è qualcos'altro: cioè la frode e la corruzione ammesse come sistema di finanziamento del partito, il quale non si rifiuta di farsi complice di speculatori e di avventurieri a spese dello Stato, purché questi versino nelle casse del partito una parte delle loro ruberie, In un ordinamento democratico esistono una quantità di uffici politici che non solo  possono, ma debbono essere conferiti a rappresentanti del partito di maggioranza, appunto perché a questo incombe, finché è al potere, la responsabilità di governare il paese dai posti direttivi; ma la degenerazione comincia quando la politica o la religione diventano il criterio per il conferimento dei posti non politici ma tecnici.
Quando per diventare direttore di una banca, o preside di una scuola, o socio di un'accademia scientifica, o componente di una commissione di concorso universitario è necessario aver la tessera del partito che è al governo, allora quel partito sta diventando regime: allora la politica, che è necessaria e benefica finché scorre fisiologicamente negli uffici fatti per essa diventa, fuori di li, un pretesto per infeudare la società a una classe di politicanti parassiti; diventa una specie di malattia paragonabile all'arteriosclerosi perché impedisce quella circolazione e quel continuo ringiovanimento della classe dirigente, che è la prima condizione di vitalità d'ogni sana democrazia.
Offensiva per ogni onesta coscienza e, più ancora, penso, per la coscienza degli stessi cattolici sinceramente credenti, è questa adulterazione della religione, adoprata come pretesto e come schermo per fare, all'ombra di essa, i propri affari.
Colla religione si copre tutto: colla religione si mette a tacere ogni onesta critica. Se protesti contro gli sperperi scandalosi di certi arricchiti che la notte perdono un milione al giuoco, ma la mattina vanno alla messa, ti rispondono che parli perché sei un criptocomunista; se denunci che migliaia di famiglie in certe zone d'Italia vivono ancorai n spelonche come trogloditi, ti mettono a tacere col dirti che sei un mangiapreti e un massone se difendi gli affamati che hanno invaso le terre incolte di quel pio barone miliardario, ti obiettano che parli cosi perché appartieni alla quinta colonna di Stalin. D'altra parte la religione, messa a servizio di certe gerarchie si corrompe, da vitale fervore spirituale, in strumento temporale di asservimento e di ipocrisia [...].

Ma soprattutto il regime democristiano non può sentirsi sinceramente ostile al rinascente fascismo, perché il fascismo, coi suoi veleni più insidiosi, è già penetrato dentro questo regime: il quale non potrebbe liberarsene senza lacerare se stesso.  Non parlo del neofascismo che strepita e minaccia, irrequietezza rumorosa ma superficiale di ignoranza giovanile, nelle università, parlo del fascismo degli esperti profittatori, del fascismo come metodo professionale e come habitus morale, che è penetrato con molti tentacoli nel partito di maggioranza e nella burocrazia che lo serve, e che ha mescolato, in maniera non più distinguibile, i credenti, quelli che nel Dio cristiano ci credo n sul serio (l'on. Calosso disse una volta alla Camera che anche tra i democristiani una diecina ce n'è) con coloro che oggi son democristiani perché ieri erano fascisti, e che domani, se il comunismo salisse al potere, sarebbero comunisti perché oggi sono democristiani.
Questa è la lue nefanda che il fascismo ha lasciato in eredità alla Repubblica italiana, e che oggi circola in maniera sempre più inguaribile nelle vene del partito di maggioranza questi falsi credenti che non credono a nulla, ma che vanno in processione perché questo serve a i loro sporchi affari; questi bocciati agli esami che vincono i concorsi, in mancanza di una laurea, con un certificato parrocchiale; questi professionisti della corruzione, i quali si accorgono che i metodi di arricchimento che "ieri erano tollerati a prezzo di un saluto romano, sonò anche oggi rispettati ugualmente a prezzo di una genuflessione[.. ..]
Alle due domande che ponevamo all'inizio non è facile dare una risposta sicura. La Repubblica italiana è veramente uno Stato democratico? La Repubblica italiana è veramente uno Stato indipendente?
Solo l'avvenire potrà rispondere a queste domande: oggi, colla minaccia apocalittica che pende sul mondo, tutto è fluido e ambiguo. Ma se sull'orizzonte del mondo sorgerà l'alba della pace, crediamo che alla prima domanda si potrà dare una risposta sicuramente affermativa, perché si potrà dare una risposta sicuramente negativa alla seconda. Il problema della democrazia non è, ormai, un problema italiano: è un problema europeo e mondiale.
Se l'Italia uscirà da questa sua sovranità di provincia, nella quale rischia di trovarsi riassorbita dalla Città del Vaticano, se riuscirà a sfociare all'aperto e a unirsi in una; libera federazione europea che prepari la federazione del mondo, anche la minaccia della soffocazione confessionale, che è fenomeno tipicamente e grettamente provinciale, si dissiperà.
Il confessionalismo sarà superato nei vasti orizzonti, come tutti i totalitarismi. Rimarrà la religione,
che è una delle forze della civiltà, uno dei momenti insopprimibili dello spirito umano: rimarrà l'ispirazione cristiana, che è unico dei fermenti vitali della civiltà europea; rimarrà la fraternità angelica, che è sorella maggiore del socialismo.