giovedì 26 gennaio 2012

Schmallenberg-virus: una nuova minaccia per la zootecnia?

Venerdì scorso la Russia ha disposto per precauzione il divieto di importazione di capre e pecore provenienti da Belgio, Germania e Paesi Bassi per il timore di essere contagiati dal cosiddetto "virus Schmallenberg".
Nel novembre dell’anno scorso ProMed aveva lanciato la notizia dell’identificazione di un nuovo orthobunyavirus in campioni prelevati da 6 bovini 25 pecore e una capra deceduti in allevamenti situati nel  Nord della  Germania (Reno-Vestfalia, Bassa Sassonia e Assia).
Il nuovo virus è stato rilevato in alcuni aborti di gravidanze portate quasi a termine, nel cervello e in carcasse di agnelli. I Paesi Bassi hanno già rilevato episodi analoghi in 66 allevamenti di pecore e capre ed il Belgio ha recentemente riferito tre casi.
L’analisi comparata di materiale genetico ha finora permesso di accertare che il virus ha caratteristiche sovrapponibili a quelle dei virus appartenenti al sierogruppo Simbu (Shamonda, Aino, Akabane virus) ed è stato così classificato tra gli Orthobunyavirus, guadagnandosi provvisoriamente l’appellativo di "Schmallenberg-virus," dal nome della località da cui originavano i primi campioni.
Nell’estate del 2011, la comparsa di casi di malattia nel Nord-Ovest della Germania e parte orientale dell'Olanda nella popolazione bovina aveva fatto sospettare una nuova introduzione del virus della Blutongue, visto che il quadro clinico comprendeva febbre con calo della produzione lattea per diversi giorni, diarrea ed aborti.
Le analisi svolte presso il Friedrich-Loeffler-Institut di Insel Riems (Germania) hanno tuttavia permesso di escludere quasi subito il coinvolgimento virus noti come FMDV, BVDV, BHV-1, MCFV e di altri virus esotici come  EHDV, Rift Valley fever virus ecc. Si è fatta così strada l’ipotesi che si potesse trattare di un virus non ancora noto con forti similitudini a virus appartenenti a sierogruppi noti.
I virus appartenenti al Simbu group, genere Orthobunyavirus, familglia Bunyaviridae sono stati normalmente isolati da insetti ematofagi, uccelli e mammiferi in Africa, Asia, Australia, e Nord e Sud America  e sono tutti trasmessi da insetti appartenenti alla specie Culicoides.
Va tuttavia precisato che, ad oggi, non ci sono ancora riscontri completamente chiari sul rapporto di causa-effetto tra questo virus  e la sintomatologia clinica osservata negli allevamenti, ed è per questo che sono in corso ulteriori indagini rivolte ad analizzare un maggior numero di casi, a sviluppare un test sierologico specifico e ad isolare il virus per realizzare una riproduzione sperimentale.
La notizia del nuovo virus potrebbe essere un banco di prova per le capacità di comunicazione del rischio sanitario da parte delle autorità competenti. Questa volta, tra l’altro, dovrebbe essere molto più facile comunicare, visto che non sembra esserci possibilità di contagio tra animali e uomo!
La paventata pandemia di influenza aviaria e l’allarmismo per l’influenza suina dovrebbero aver insegnato ad Uffici pubblici, media e Procure della repubblica che viviamo in un mondo affollato in cui c’è spazio anche per batteri, virus ed insetti. Speriamo che le nozioni di pericolo e di rischio (probabilità che il pericolo si manifesti) siano ormai ben chiare a tutti e che sia altrettanto nota la differenza fondamentale tra “nuova acquisizione scientifica” e “politica sanitaria”.
Quest’ultima, soprattutto in tempi di crisi e di tagli di bilancio, non può più permettersi di ingannare i cittadini con l'illusione del “rischio zero” ma deve fare i conti con i livelli di assistenza sanitaria, ovvero con le garanzie sanitarie compatibili con gli stanziamenti deliberati.
La difesa della salute è sempre al primo posto ma i cittadini devono sapere che il livello delle garanzie sanitarie è inversamente proporzionale all'evasione fiscale ed allo spreco delle risorse disponibili.
Gianfranco Corgiat Loia